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FIABE


La pecorella smarrita
Giulia Vettori

Un bel giorno d’estate Matteo, un bambino di quasi dieci anni, stava facendo una delle sue passeggiate per le stradine di campagna del piccolo paese in cui viveva. Non c’era neanche una nuvola in cielo e il sole splendeva, abbagliando con i suoi raggi tutti quelli che provavano ad alzare la testa e a guardare in su. Era pomeriggio, verso le quattro, e Matteo, goloso di panini e merendine (soprattutto al cioccolato) si era portato via un cestino per la merenda, nel caso gli fosse venuta fame. Matteo, sebbene fosse molto goloso, non era il tipico bambino grassoccio, anzi, non era neanche robusto. E allora, vi chiederete, come faceva a mangiare molto e a non ingrassare? Semplice! Ogni giorno, d’estate, quando non doveva andare a scuola, faceva sempre dei gran giri in bicicletta, camminava tanto e giocava spesso e volentieri con i suoi amici cagnolini: lui ne aveva due e, insieme, passavano anche pomeriggi interi a scorrazzare in giardino e a rincorrersi. Ma torniamo a quella famosa passeggiata per le stradine di campagna.. Matteo, con gli occhi chiusi e la testa leggermente piegata all’indietro, si stava godendo il sole sulla faccia, mentre un vento caldo e frizzante insieme gli scompigliava i capelli e l’erba alta solleticava allegramente le ginocchia finalmente scoperte. “Che bello! Sto proprio bene”, pensò fra sé, mentre in lontananza un abbaiare festoso di cani lo fece sorridere involontariamente. “Ancora più bello sarà il momento in cui mi siederò sulla mia panchina preferita e mi mangerò il panino al prosciutto e formaggio che la mamma mi ha preparato prima..” Con questi bei pensieri in testa, Matteo camminava allegramente verso l’interno del paese, incontrando sempre meno macchine e sempre più biciclette, per non parlare dei trattori o dei cavalli in cui spesso si imbatteva, non senza una sua personale soddisfazione. Stava per arrivare alla “sua” panchina, posta sulle sponde del fiumiciattolo che scorreva veloce fino al fondovalle, quando un beee lo colse di sorpresa. Sul momento si fermò, poi stette in ascolto per un po’, con le orecchie tese, finché un altro beee non lo convinse del fatto che c’era di sicuro un animale lì vicino, forse una pecora, magari in pericolo o solamente in difficoltà.
Matteo amava moltissimo gli animali, infatti il vantaggio più grande di vivere in campagna era proprio questo: poteva vedere cani, gatti, fagiani, lepri, conigli, capre, mucche, asinelli, addirittura scoiattoli, e, a questo proposito, ci fu una volta in cui disse a sua madre di averne visto uno giusto sulla vecchia quercia del loro giardino. Andò avanti per una settimana con la storia dello scoiattolo, e lo raccontò perfino a scuola, davanti ai suoi compagni e all’insegnante, facendo un gran bel figurone. Ma stavolta non era uno scoiattolo ad aver attirato la sua attenzione: no, era un altro animale che Matteo aveva visto sì e no due volte in tutta la sua vita: un agnellino. Sì, una pecorella, tutta bianca, con le zampette ancora non del tutto stabili che cercava disperatamente di avvertire qualcuno della sua presenza. Non appena la vide là, sulla sponda del fiume, da sola, anche un po’ spaurita, Matteo non ci pensò due secondi: gettò per terra il cestino con la merenda e, piano, senza fare troppo rumore, si avvicinò alla bestiolina. “Caspita, è così piccola!”, pensò tra sé, “e così indifesa. Forse ha perso la sua mamma, o forse..”. Non fece in tempo a finire il suo pensiero che, con sommo orrore, vide la pecorella alzare una zampetta e tentare di guadare il fiume. «NO!», urlò allora Matteo con tutto il fiato che aveva in gola, «Non sporgerti! Se finisci nel fiume la corrente ti trascinerà via!». La bestiola, forse perché il bambino aveva alzato la voce, si fermò; sembrava averlo sentito e si girò verso di lui con la zampina a mezz’aria. Poi, come se avesse capito il suo monito, la rimise a terra e stette lì, sul prato, ferma per alcuni secondi, a guardarlo. “Beee”, disse e allora Matteo le si avvicinò dolcemente, senza fare rumore, e la pecorella sembrava aspettarlo e quasi ringraziarlo per averle impedito di finire nel fiume. Matteo, a bassa voce per non spaventarla, le chiese, mentre, inginocchiatosi, la accarezzava: «Ehi, pecorella, dov’è la tua mamma? L’hai persa?». Per tutta risposta ottenne un beeeee molto più sonoro degli altri, come se avesse davvero capito la domanda e volesse rispondere con un «Sì» di quelli decisi.
«Allora è così, purtroppo. Già, mi immaginavo.. Ma almeno non sei morta nel fiume, pecorella, e puoi sempre venire a casa con me! Che ne dici, ti piacerebbe?». Altro beeee sonoro e convinto. Matteo lo prese per un sì e si incamminò verso casa con la pecorella a fianco. Ogni tanto la prendeva in braccio perché aveva paura che si stancasse troppo, e cercava di dargli da mangiare il suo panino al prosciutto, ma invano: la bestiolina non sembrava gradire quel succulento panino che Matteo avrebbe, invece, divorato al massimo in due bocconi.

«Matteo! Ma cosa… una pecorella? Ma dove l’hai trovata?», gli chiese la mamma sgranando gli occhi, non appena lo vide.
«Al fiume!», rispose Matteo super eccitato, «Stava per entrare nell’acqua ma l’ho salvata per un pelo!». Era molto fiero di sé e della sua impresa. E chi non lo sarebbe stato?
«E adesso cos’hai intenzione di fare, se posso saperlo?», gli chiese la mamma a braccia conserte, curiosa di sapere cosa avrebbe risposto il bimbo.
«E’ logico! La teniamo qui con noi!»
«E chi le darà da mangiare? Lo vedi com’è piccola? Secondo me beve ancora il latte», disse la mamma, come per sfidarlo. Matteo si rabbuiò e ci pensò su un attimo.
«Ok! le daremo il latte allora, che problema c’è? Avremo un biberon di quelli che usavo io, in casa, te ne sarai tenuta uno per ricordo, no?». Matteo non capiva perché sua madre dovesse impiantar su tanti problemi. Secondo lui la situazione era facilissima: avrebbe badato lui alla pecorella, fine della storia.
«Ma.. le mancherà la sua mamma, non pensi? E poi, quando sarà grande, ci distruggerà tutto il giardino! Ci hai pensato a questo?»
Matteo non seppe cosa rispondere. Ormai si era affezionato a quella bestiolina, le avrebbe fatto lui da mamma e le avrebbe messo anche un nome. Sì, sarebbe andata così, nessuno gliela poteva portare via, nessuno.. tranne il suo vero padrone che, a sorpresa, si era appena visto capitare lì, nel giardino di casa sua, in quel preciso momento. Doveva essere il pastore che si era perso la pecorella, visto che aveva al suo fianco una pecora grande, tutta bianca come il latte, che, non appena riconobbe la figlioletta smarrita, emise un beeeeeeee lungo, quasi un gemito misto tra angoscia e sollievo. A quel punto, non c’era più niente che poteva fare. Era stato fregato.
«Buongiorno signora, sono Odino, il pastore. Vedo che suo figlio ha ritrovato Beatrice, la mia pecorella più piccola. Siccome è davvero piccola, deve essere stata lasciata indietro dal resto del gruppo, e non ce ne siamo accorti finché non le abbiamo contate, qualche ora fa. Questa qui a fianco a me è la madre», disse, indicando con la mano la grossa pecora che, ormai, sembrava non volesse più smettere di belare, «la sta cercando disperatamente da ore ormai, ma finalmente si sono ritrovate. E tutto grazie a questo giovanotto qua! Figliolo, grazie davvero per aver salvato Beatrice. Te ne siamo tutti molto grati!»
Matteo cercava disperatamente di abbozzare un sorriso, ma gli veniva solo da piangere. Però, vedendo Beatrice strofinare il muso con quello della madre, e sentendola belare felice, capì che, tutto sommato, era giusto così, perché i piccoli, di qualsiasi animale, devono stare con le proprie madri, finché non arriva il tempo in cui bisogna spiccare il volo. “E’ la natura e, pertanto, va rispettata”, pensò, mentre abbracciava teneramente i fianchi della mamma e una lacrimuccia di gioia gli scese sul bel visino paffuto.


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